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  • «Sì, non fidatevene, perché c’è un corbaccio rampante abbellito con le nostre piume, che con il suo “cuore di tigre avvolto in una pelle d’attore” presume di essere altrettanto capace quanto il migliore di voi di infarcire versi sciolti, ed essendo un factotum senza pari si ritiene nella sua presunzione l’unico Scuoti-scena del paese…» è uno tra i brani più citati dagli studiosi di Shakespeare, che vedono nell’astio del suo autore la prova del successo e della fama del drammaturgo di Stratford sin dagli albori della carriera londinese. Siamo nel 1592, il poligrafo di successo Robert Greene, negli ultimi istanti di vita, scrive il suo Groats-worth of Witte Bought with a Million of Repentance (Un soldo di senno al prezzo di un salatissimo pentimento), un testo di grande varietà di generi e registri nel quale la novella tipicamente rinascimentale costituente il grosso della narrazione – riscrittura in chiave parodica della parabola del figliol prodigo con protagonisti un usuraio, i suoi due figli e una cortigiana senza scrupoli – lascia spazio ad alcune pagine in cui l’autore, togliendosi la maschera fittizia e rivolgendosi direttamene ad amici e colleghi – “A quei gentiluomini, conoscenze di vecchia data (Christopher Marlowe, Thomas Nashe, George Peele?), che dedicano il loro ingegno a comporre drammi, R. G. augura un migliore esercizio e la saggezza per prevenire i suoi stessi eccessi” –, esce allo scoperto per parlare di sé stesso e della propria dissipatezza. Al di là dell’aspetto penitenziale espresso sin dal titolo del libello, queste parti di Groats-worth of Witte rivestono un notevole valore dal punto di vista storico-letterario perché offrono uno spaccato del teatro elisabettiano dal suo interno, riportando precise notizie su come lavoravano i drammaturghi, su quale era il loro rapporto con gli attori, sul loro ruolo all’interno delle compagnie, sui loro problemi di carattere finanziario… Si tratta di informazioni importanti per la conoscenza di quel mondo che, al di là di tutto, vista la scarsità di documentazione fin qui pervenutaci, è sempre vissuto in un’indeterminatezza mista a finzione.