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Curreri Luciano
Solo sei parole per Sciascia
by: Curreri Luciano€11,00
Il titolo di questo agile, ‘leggero’ ma denso volumetto non vuol dire che le sei parole scelte – zolfara, popolo, morale, corpo, leggerezza, saggio – siano soltanto parole, per Leonardo Sciascia, ovvero parole al vento, senza fatti, senza precisi riferimenti o, come si diceva una volta, senza contenuti a sostanziarle, a concretarle, nella storia dell’uomo, dei suoi linguaggi, delle sue lingue. Le parole sono davvero importanti, per lo scrittore siciliano, e pure per l’autore di queste pagine, che crede, come Sciascia, nel racconto, e nel racconto critico in particolare.
ISBN: 978-88-6859-058-1
Publisher: Euno Edizioni
Publish Data: 2015
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La cucina del signor Giardini by: Ferrari Nicola €10,00
Le creazioni gastronomiche del cuoco Giardini, secondo il racconto di Balzac, vivono una profonda, contraddittoria, tensione: tra l’idea (la ricetta, sublime) e la realizzazione (il piatto, invalutabile). Il cuoco Giardini non avrebbe avuto niente a che vedere con la musica come l’aveva concepita la severa riflessione teologica di un Agostino (una questione di modus, di misura, ordine e ragione). Ma avrebbe potuto riconoscersi nella definizione, che ne proponeva il visionario compositore novecentesco Charles Ives: l’arte di esprimersi in maniera stravagante (quindi: un discorso di ineffabilità, fallimenti e sentimenti – una partecipazione emozionale e una reazione estrema alla complessità caotica del Mondo). La profonda rivoluzione di significato – la mutazione paradigmatica della cucina del signor Giardini – nella quale si possono raccontare avventura e destino della tradizione musicale dell’occidente, giunge a maturazione nel Romanticismo. Ma questa nuova musica della modernità non si scopre nelle sale da concerto o sui palcoscenici teatrali. È fatta tutta di parole. Immaginata e costruita nelle pagine dei romanzi europei (da Hofmann a Proust, da Georges Sand a Thomas Mann). È una superba invenzione letteraria, che, forse, la realtà (incarnata in tre secoli di autori e opere) non ha potuto, generosamente, che imitare.
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Il convitato di pietra by: Corneille Thomas, Laserra Annamaria, Peris Giancarlo, €18,00
Prefazione e cura di Annamaria Laserra – Traduzione di Giancarlo Peris
CON TESTO FRANCESE A FRONTE – Portato in scena il 15 febbraio 1665, il Dom Juan di Molière rimase in cartellone solo pochi giorni a causa della violenta reazione di una parte della corte, che lo considerò lesivo della morale pubblica, e non apprezzò che fosse scritto in prosa. La pièce ritornò solo dodici anni dopo, ma in versi, e con sostanziali modifiche nei contenuti. Portava il nome di Molière, sicché alcuni la considerarono postuma. Si trattava invece di una riscrittura di Thomas Corneille, fratello minore di Pierre, cui Armande Béjart aveva affidato il compito di rendere accettabile l’opera del suo defunto marito a chi l’aveva a suo tempo criticata nella forma e – soprattutto – nei contenuti. Per una serie di oscure circostanze, della versione originale non rimase più traccia in Francia. Venne sostituita da quella di Thomas Corneille, che riscosse un grandissimo successo. Solo due secoli dopo, grazie al ritrovamento di una copia stampata ad Amsterdam, il Dom Juan di Molière potè tornare finalmente in scena, e fu a quel punto il riadattamento in versi a essere accantonato, anche con un poco dissimulato disprezzo: quello che viene tributato a chi si presti a modificare un capolavoro. Eppure, a voler leggere questa versione corneliana da una diversa angolatura, non si può fare a meno di riconoscerle un indubbio interesse documentario (oltre che una non trascurabile perizia stilistica): intervenendo su quelle che vennero considerate le pecche del Dom Juan molieriano, gli interventi di Thomas Corneille fanno infatti riemergere le ragioni sociologiche, etiche e ideologiche che motivarono la condanna della pièce originaria. Il maggiore interesse di questa riscrittura consiste allora, paradossalmente, proprio nell’angolazione delle sue aggiunte, delle sue modifiche e dei suoi tagli, poiché ognuno di essi apre spiragli sulle preoccupazioni culturali e morali del Secolo d’oro e rende ancora percepibile il tono astioso di chi causò il ritiro del Dom Juan dalla scena. Apre cioè un suggestivo spaccato non solo sulla cabala scatenata contro Molière dal partito dei devoti, ma anche sui non semplici rapporti tra teatro e società nella Francia del Re Sole.
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Storia del cavaliere des Grieux e di Manon Lescaut by: Prévost Antoine-François, Beretta Anguissola Alberto, €18,00
La storia si svolge attorno al 1720. Narra le vicissitudini del nobile cavaliere des Grieux e di Manon Lescaut. Lui ha 17 anni, lei 16. Travolto dal fascino della ragazza, des Grieux fugge con lei a Parigi, rinunciando alla ricchezza e alla dignità della sua famiglia. Per soddisfare le esigenze di Manon, scopre di poter guadagnare molto barando al gioco. Il denaro facile si perde altrettanto facilmente, e con esso des Grieux perde più volte anche Manon, che lo abbandona per uomini più ricchi. La loro vicenda giunge a una svolta decisiva quando si scontrano con un uomo molto potente: il signor di G… M… Costui non esita a farli imprigionare e, successivamente, fa condannare Manon alla deportazione nelle colonie francesi d’America. Il giovane, disperato e fedele, la segue. A New Orleans i due vivono serenamente fino a quando il governatore della Luisiana non promette in sposa Manon a suo nipote. Des Grieux sfida a duello il rivale e, pensando di averlo ucciso, fugge con Manon, sperando di raggiungere un insediamento inglese. Ma la giovane non resiste alla fatica e, per gli stenti, muore. Fin qui la vicenda conosciuta. Ma la storia della signorina Lescaut non si conclude con la sua morte. Intorno al 1760 venne pubblicata anonima una Suite de l’Histoire du Chevalier des Grieux et de Manon Lescaut, che questo volume restituisce al lettore dopo oltre due secoli di oblio. L’autore immagina che Manon non fosse realmente morta. Risvegliatasi e liberatasi a fatica dello strato di terra che la ricopriva, le viene fatto credere che il cavaliere si sia voluto sbarazzare di lei. Nuove avventure e colpi di scena non smetteranno di stupire il lettore, che scoprirà in queste pagine una nuova Manon.
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Quando Lucia sposò il Barone Rampante by: Brignoli Laura €15,00
Riscrivere, prolungare, variare, aggiungere, innestare… sono tante le operazioni che si possono compiere per prolungare il piacere che ha saputo dare la lettura di un testo. Si ritrovano tutte in questi dodici racconti che hanno origine da opere famose. Ognuno di questi scrittori è prima di tutto un lettore, avido di continuare, desideroso che il libro che l’ha ammaliato non finisca con l’ultima pagina. Quante volte abbiamo pensato: peccato che sia finito? In questo volumetto chi ha amato Moby Dick, Il Barone rampante, Alla Ricerca del tempo perduto o Bella del Signore e altri ha l’occasione di soddisfare questo desiderio.
Paolo Albani, scrittore, poeta visivo e performer. Membro dell’Oplepo dal 1996. Raffaele Aragona, ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università Federico II di Napoli. È membro fondatore dell’Oplepo (Capri, 1990). Maurizio Corrado, architetto, saggista, romanziere e teatrante. Vive a Bologna e in treno. Daniela Fabrizi, psicologa e copywriter, membro dell’Oplepo dal 2008. Silvia Fontana vive su un’isola e non ha ancora smesso di studiare. Maddalena Mazzocut-Mis, docente di Estetica e di Estetica della musica e dello spettacolo all’Università degli Studi di Milano. Drammaturga affermata, le sue opere sono state rappresentate nei maggiori teatri italiani e in Francia. Paolo Pergola, biologo marino, vivrebbe su un’isola del Mediterraneo se non fosse sempre in viaggio. Membro dell’Oplepo dal 2012. Giancarlo Peris, insegnante di metrica e sportivo (ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Roma, 1960). Aldo Spinelli, artista e inventore di giochi, (primo) membro di Oplepo dal 1990 e corrispondente italiano di Oupeinpo. Stefano Tonietto, ex-poeta cavalleresco (Olimpio da Vetrego, 2010) e letterato potenziale (Letteratura latina inesistente, 2017). Giuseppe Varaldo, medico dermatologo, enigmista e ludolinguista, è membro dell’Oplepo dal 1992.
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I sortilegi della parola by: Zago Nunzio €15,00
A vent’anni dalla sua scomparsa, è il caso di riconoscere a Gesualdo Bufalino narratore, poeta, saggista, traduttore, autore di aforismi ─un posto di assoluto rilievo nel canone letterario, non solo italiano, del Novecento. Il posto che spetta agli scrittori grandi, “necessari”, a coloro che, oltre a inventare un “tono” inconfondibile, a dar voce a possibilità ancora inesplorate e inedite del linguaggio, hanno saputo porsi le domande inderogabili, esprimere i dubbi cruciali dell’esistenza. Lo stesso modo d’essere, disincantato e umbratile, dell’intellettuale Bufalino, più che un limite, appare, oggi, un vantaggio, una specola privilegiata che gli consentì d’attraversare indenne il periodo di forte contrapposizione ideologica del secondo dopoguerra e di presentarsi al pubblico, sia pure tardivamente, al giro di boa degli anni Ottanta, con le carte in regola, privo di certezze vecchie e nuove, per tornare a dire, in un contesto culturale disposto finalmente ad accoglierla, la propria verità ─a lungo tenuta al sicuro sotto la lingua, da moralista acre e “malpensante” qual egli era. Una verità che, nel fare i conti con i veleni del “secolo breve”, con i suoi turbamenti, privilegia la dialettica dell’io con sé stesso rispetto a quella dell’io con la società, percepibile solo sullo sfondo e si affida a una scrittura assai sofisticata, iperletteraria, immaginosa, disposta a sconfinare di continuo in altri ambiti (dalle arti figurative al cinema, dalla musica al gioco degli scacchi…), a impregnarsi di altri umori nel tentativo, grazie ai sortilegi della parola, di “popolare il deserto”, di trasformare la “vista” in “visione” e persino in “visibilio”, attingendo anche alla memoria per ridare una fittizia ma vivida durata a uomini e cose che il tempo ha cancellato e cancella.
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