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TRA EDUCAZIONE E IMPEGNO MILITANTE
Viviamo in un’epoca di profonda recessione ideologica e la cultura sembra aver perduto la sua pervasività, fino ad apparire depotenziata e, a volte, addirittura inefficace. La violenza e l’aggressività sono spesso accolte tra l’indifferenza e l’acquiescenza collettiva: riemergono così i vecchi idoli, la patria, il filo spinato; e i fantasmi del razzismo, dell’antisemitismo, della discriminazione verso i più deboli o differenti. È bene allora che la pedagogia vada a recuperare nel suo passato l’azione e il pensiero di intellettuali come Aldo Capitini, che hanno saputo fare della militanza, della ricerca e dell’impegno la loro pratica di vita, per recuperare concezioni e valori universali di cui il mondo contemporaneo sembra essersi spogliato. Il pensiero di Aldo Capitini appare non solo attuale, ma vivo: costituisce uno di quei modelli positivi in grado di offrire alla pedagogia contemporanea le vie più idonee per contrastare il trionfo dei disvalori creati dal mercato globale. L’etica della nonviolenza, principio fondante e fondamentale dell’educazione aperta di Aldo Capitini, può, quindi, animare l’attuale e il prossimo dibattito culturale, fornendo molteplici stimoli, occasioni di riflessione e di approfondimento, ma anche dubbi e nodi da sciogliere, come l’esigenza di decentramento del potere, la tensione ad una religiosità che non sia dogma, gerarchia e compromesso con il mondo, ma libera espressione di una negazione/superamento della realtà data.
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