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Lo scopo di questo volume è di mettere in luce il pensiero e l’insegnamento di Giovanni Paolo II relativamente alla Madre di Dio, quale segno e strumento di Riconciliazione e di Pace nel ministero della salvezza. L’Autore prende in esame le prime quattro lettere encicliche di Giovanni Paolo II, considerate i documenti che maggiormente fondano e motivano il pensiero del papa: la Redemptor hominis, la Dives in Misericordia, la Dominum et vivificantem e la Redemptoris Mater. Il lavoro di Fr. Cristoforo Amanzi, a partire dalla sapiente e autorevole devozione di Giovanni Paolo II, mostra l’importanza della figura di Maria, quale Regina della Pace, nel nostro travagliato tempo. A motivo di ciò, il presente contributo risulta indispensabile per ogni cristiano che voglia costruire una fondata spiritualità sulla pace. Il volume si suddivide in due parti: la prima approfondisce l’insegnamento “dottrinale” ripercorrendo le prime encicliche di Giovanni Paolo II; la seconda, evidenzia il suo insegnamento “pastorale”.
Il volume raccoglie le riflessioni di autorevoli studiosi proposte nel Seminario Interdisciplinare in preparazione al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, dal titolo Paolo VI, artefice dell’umanesimo cristiano nel XX secolo, organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “M. Sturzo” di Piazza Armerina, dal 25 marzo al 13 maggio 2015, presso il Museo Diocesano. Parlare di umanesimo cristiano in Paolo VI è certamente un’impresa davvero ardua, dal momento che tutto il suo magistero, espresso attraverso allocuzioni, scritti e discorsi, era gravido di questo tema a lui molto caro. Tale pensiero che tradisce una forte passione antropologica del papa per la vita umana, viene contestualizzato in un momento storico particolare come, il XX secolo, attraversato dai totalitarismi, dai conflitti mondiali, dalla lenta ripresa del nostro Paese, dal fermento politico e teologico del mondo cattolico, sfociato poi nel grande evento del Concilio Vaticano II. Un contesto storico che sfocia nell’odierna società complessa, globalizzata e secolarizzata, in cui il messaggio di Paolo VI è oltremodo attuale e pertinente nell’indicare la misura vera dell’uomo nell’uomo-Figlio-di-Dio. L’antica storia del buon Samaritano è stata difatti il paradigma della spiritualità del Concilio e dell’intero magistero del papa, in virtù del quale la Chiesa si occupa, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo come oggi in realtà si presenta. Diventa quanto mai risolutiva, la scelta di riconsiderare l’umano gesuano e cristico come centro nevralgico da cui ripartire, per comprendere l’uomo di oggi.
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PER UNA TEOLOGIA DELL’ARTE IN PAOLO VI
Il volume presenta una riflessione teologica sul pensiero e sugli insegnamenti di Paolo VI sull’arte in stretto rapporto con la fede. Ricostruendo la biografia e la formazione intellettuale di Giovanni Battista Montini, prima come assistente della FUCI e al servizio presso la Segreteria di Stato, poi nell’episcopato milanese e infine nel suo ministero universale petrino, l’autore porta alla luce le riflessioni originali e gli insegnamenti sul valore intrinseco dell’arte, essenzialmente religiosa, intesa dal papa come linguaggio dello spirito, che capta dal cielo dello spirito l’ineffabile bellezza di Dio per tradurla in forme accessibili attraverso la parola, i colori, i suoni e la materia. Un’arte che si pone al servizio regale, profetico e sacerdotale della fede cristiana e si avvicina, per connaturalità, alla rivelazione divina. Da una lettura attenta dei suoi discorsi e azioni di promozione a favore dell’arte, emerge sempre più la consapevolezza che l’arte (anche quella contemporanea) è rivelatrice non solo della bellezza di Dio ma anche della verità dell’uomo nel suo destino escatologico. In questo assunto, l’arte cristiana è per Paolo VI “perenne rivelazione” attraverso un modo antropologico di esprimere l’esistenza. Tale tematica auspica un metodo antico e sempre nuovo di fare teologia attraverso l’arte, mostrandosi sempre attuale ed efficace per una nuova evangelizzazione.
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Il volume di Chiara Vergani rappresenta un pregevole punto di riferimento su un tema di grandissima attualità. L’autrice riesce in questo libro a contemperare, amalgamare e rendere fruttuose le sue sensibilità culturali, professionali, scientifiche. Tale amalgama mette a disposizione del lettore una varietà di fatti, ricerche e sperimentazioni attuali che lo rendono di sicuro ampio, approfondito e stimolante, ma soprattutto utile. Chiara Vergani deve la sua efficacia di scrittrice e di divulgatrice, anche televisiva, a una lunga militanza di insegnante che le ha permesso di toccare con mano, analizzare, vivere e partecipare, con finalità di prevenzione e contenimento, a molti casi di bullismo, agendo a sostegno di bambini, genitori e insegnanti. Una grande pratica, quindi, che si fa teoria. L’autrice ha nel suo bagaglio una robusta formazione psicopedagogica universitaria, questo le ha consentito di interpretare, capire e spiegare con serenità ed efficacia molti di questi esempi visti e vissuti. Non si è fermata però alla sola, se pur poderosa, esperienza, ma ha corredato il suo tessuto divulgativo con un ordito di riferimenti scientifici, di esperienze nazionali e internazionali che rendono il suo prodotto intellettuale unico e concreto. Ottenendo in tal modo un risultato molto ricercato tra i cultori delle scienze sociali: sostenere una buona pratica con una brillante e ben documentata teoria.
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Il volume, suddiviso in due parti, rielabora i contenuti di due conferenze presentate nell’ambito della seconda edizione delle Giornate Iblee della Germanistica (Struttura didattica speciale di Lingue e letterature straniere dell’Università di Catania, Ragusa Ibla, 23 maggio 2014). La prima parte raccoglie due saggi a carattere generale, sulla Fachliteratur medievale e sul contesto e gli esordi di una letteratura medica in area linguistica alto-tedesca tra VIII e XII secolo. Nella seconda parte si sviluppano i temi dell’interferenza tra medicina, cucina e dietetica e tra letteratura medica, traduzione e lessicografia bilingue.
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Il volume (a cura di Maurizio Elia e Nino Mancuso) propone una inedita lezione magistrale del prof. Massimo Gaglio dal titolo «Per una metodologia clinica», tenuta il 5 giugno 1976 in occasione della conferenza inaugurale per il 43° anno della Società medico-chirurgica di Catania. Un omaggio a uno studioso-militante che ha concepito e utilizzato la sua cultura, la sua professione come uno strumento per contribuire a migliorare la società umanizzandola. La «lezione» è di straordinaria attualità, non solo perché sottrae ai «tecnici» l’esclusiva possibilità di discutere la materia sanitaria, ma anche perché ripropone all’attenzione la riflessione sul rapporto tra salute e organizzazione economico-sociale di una comunità. Massimo Gaglio è stato tra i componenti del Comitato editoriale (assieme a G. Berlinguer, A. Del Favero, e G. Bert, G. Maccacaro) della prestigiosa collana «Medicina e Potere», pubblicata dalla Feltrinelli. Il volume contiene anche contributi e interventi di Giorgio Bert, Alberto Costa, Salvatore Di Fazio, Maurizio Elia, Elio Guzzanti, Nino Mancuso, Francesca Merzagora, Luigi Pagliaro, Antonella Surbone.
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Il volume, coordinato da Salvo Andò e Anna Lucia Valvo, raccoglie gli scritti di studiosi che affrontano specificamente e sotto diverse angolazioni la complessa tematica del terrorismo internazionale che marca tragicamente i tempi presenti. Il fenomeno viene esaminato dal punto di vista degli strumenti giuridici idonei alla sua prevenzione e repressione, come anche dal punto di vista sociopolitico e socioeconomico per ciò che riguarda le sue cause sottese. Tra queste, naturalmente, anche le cause, volute e non volute, che inducono ai fenomeni di terrorismo diffuso, in qualche misura riconducibili a una politica occidentale, specialmente nella regione mediorientale, che non sempre è riuscita a valutare adeguatamente le conseguenze delle azioni intraprese. Tutto ciò ha prodotto, tra l’altro, gli attuali fenomeni di incontrollate emigrazioni di massa che dipendono dalle persecuzioni, dalla necessità di sfuggire alla situazione di conflittualità interna, dalla povertà, nel contesto delle guerre asimmetriche prodotte anche dalla pretesa di esportare la democrazia realizzando una sorta di imperialismo dei diritti umani.
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UNA RIFLESSIONE OLTRE LA CRONACA
I tragici fatti di Parigi del 7 gennaio 2015, con l’assalto omicida alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo ad opera di due integralisti islamici e la conseguente uccisione, tra gli altri, del suo direttore, di alcuni membri della redazione e di quattro vignettisti, hanno suscitato un’ondata internazionale di sdegno e mobilitazione. Nella carneficina fu coinvolto anche un poliziotto algerino di fede islamica. Due giorni dopo l’attentato un altro membro del commando cui la polizia dava la caccia, si asserragliò in un supermercato ebraico uccidendo altre cinque persone, tenendone in ostaggio almeno una decina. Questo libro intende proporre una riflessione che vada oltre la comprensibile e doverosa indignazione e ogni retorica commemorativa. Gli autori, da prospettive disciplinari differenti, cercano di indagare le condizioni simbolico-culturali, geopolitiche, religiose ed economiche che hanno determinato l’humus generativo di questo attentato e le sue possibili implicazioni.
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PER UNA TEORIA GIURIDICA TRA IDEALISMO CROCIANO E GENTILIANO
Felice Battaglia è stato tra i protagonisti del pensiero filosofico e giuridico italiano del XX secolo. Oltre al prestigio scientifico, acquistò velocemente un’indiscussa autorevolezza morale – fu anche Commissario straordinario per l’Università dopo la Liberazione e Rettore dell’Ateneo bolognese negli anni 1950-1956 e 1962-1968 – ma fu ed è poco ricordato dopo la morte (1977). Questo volume intende concepire e comprendere lo spazio intellettuale di Felice Battaglia, che pone essenzialmente la giustizia come fondamento del diritto e valore dell’esistenza relazionale, nella speranza che possa far emergere il paradigma dello sforzo e del proposito di conciliarne le contraddizioni e fornire nuove chiavi di lettura su certi avvenimenti storici vissuti nell’Europa dei nostri giorni. Quella di Battaglia, infatti, è una particolare figura di teoria aperta alle scienze sociali, al diritto e alla storia, mostrando grande interesse verso le forme di ricerca che descrivono le connessioni tra i sistemi delle idee e le loro manifestazioni all’interno della vita comune. Le sue riflessioni critiche, allo stesso tempo demolitrici e ricostruttive, spesso definite come sistematiche sulla filosofia della pratica, affiorano per la loro originale collocazione nel dibattito italiano sull’idealismo e sul post-idealismo.
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BIOGRAFIA STORICO-POLITICA DI GIORGIO LA PIRA, DAL 1904 AL 1952
La biografia di uno tra i personaggi che hanno attraversato la storia della Repubblica italiana dal suo nascere al suo consolidamento, rappresentando l’originalità di una matrice cattolica in dialogo con le diverse correnti ideologiche e politiche che hanno costruito il Paese. Giorgio La Pira fu uno dei protagonisti della storia italiana del Novecento: uomo di alta spiritualità, giurista, ma anche filosofo e teologo, impegnato in posizioni di primissimo piano nell’elaborazione della nostra carta costituzionale, quindi sindaco di Firenze e promotore di iniziative di rilievo internazionale a favore della pace. Merito di Marco Luppi è stato di aver analizzato questi vari ambiti della complessa personalità di La Pira, nella loro autonomia e nei loro reciproci nessi.
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(IN LINGUA SPAGNOLA) Il libro affronta un punto essenziale, finora poco studiato. Il progetto di cui il libro è il risultato, intende seguire le direzioni storiografiche recenti e quindi tiene conto delle radici e degli sviluppi dei fenomeni socio-politici e delle realtà istituzionali che hanno legato il diritto iberoamericano al diritto europeo-continentale. In questi processi storici la Spagna ha svolto un ruolo fondamentale, perché la formazione giuridica europea dei giuristi – studenti a Salamanca e in altre Università della Penisola Iberica – ha avuto modo di affermarsi oltreoceano, anche per merito di tutti coloro che hanno operato in quei territori esercitando importanti cariche istituzionali al più alto livello e anche più modeste a livello locale, in nome della monarchia di Spagna. Secondo questa prospettiva, tutta la letteratura europea è valorizzata e si richiama l’attenzione sull’importanza che ha avuto nella letteratura giuridica indiana.
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CRISI SOCIALI E SCIENZA DEL DIRITTO ALLE ORIGINI DELL’EUROPA MODERNA
La società contemporanea è in crisi. È l’eredità del Novecento. Il diritto, non più garanzia di ordine, è vissuto spesso come strumento di potere o di guadagno. Torna in molti ambienti l’irrilevanza della volontà, perché la volontà è vincolata dallo status familiare. L’appartenenza al ceto può decidere della vita individuale. Si corre il rischio di tornare al mezzo millennio che seguì la fine dell’Impero romano, e di rivivere i secoli VI-XI. Il libro apre uno spiraglio. Ferma lo sguardo sulle categorie giuridiche nitidamente modellate nel secolo XII (furono ‘dogmi’, allora), per il coraggio di chi seppe opporsi al dominante ‘sistema feudale e signorile’. Fra tanti, i giuristi e il diritto vi ebbero parte decisiva. Per secoli è stata una partita vincente. Oggi si pone una domanda: servono le categorie giuridiche, rimodellate di epoca in epoca, per liberare l’uomo da obblighi involontari o casuali o arbitrari e per formare un ordine sociale condiviso?
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LA MEMORIA E LA STORIA
Presentare al lettore un libro sull’Europa unita è oggi un azzardo o una necessità, legata a speranza e fiducia. La conoscenza di un’eredità che ci appartiene è comunque da approfondire specialmente sul piano culturale, e giuridico in modo specifico. Come si osserva nell’occhiello preposto al testo, “un continente che ignora il proprio passato è come una persona che ha perso la memoria”. E la memoria ci riporta indietro nei sette secoli circa in cui uno ius commune europeo esisteva e si insegnava in tutte le Università del continente e si distingueva dalle plurime leges particolari, rispetto alle quali si presentava e funzionava come ius communicativum (Iacopo Belvisi) capace di innervare nelle leges princîpi e valori e categorie giuridiche d’uso corrente e comune.
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Una vecchia e tradizionale storiografia ha immaginato e sostenuto, in modo approssimativo, che i due millenni già trascorsi debbano essere divisi in tre epoche principali: ‘età romana’ fino ai secoli VI-VII, ‘medioevo’ fino ai secoli XV-XVI ed ‘età moderna’ dai secoli XVII-XVIII ai nostri giorni, con la variante di una ‘età contemporanea’ non meglio definita. Il libro che ora si presenta richiama l’attenzione su una realtà storica profondamente diversa, soprattutto per quanto riguarda l’età medievale e l’età moderna. Centra l’attenzione sul medioevo per dividerlo in modo netto fra un ‘primo medioevo’ (secoli VI-XI) e un ‘secondo medioevo’, o ‘inizio dell’età moderna’ (dai secoli XI-XII in poi). L’inizio di questa nuova realtà, già moderna, si distingue per svolte radicali, soprattutto nel campo del diritto dove sono da ricordare almeno Irnerio, i ‘quattro dottori’, la nascita delle Università e molto ancora per un lungo tempo plurisecolare, e per la nascita delle nuove lingue europee, e per la letteratura a cominciare dai molti decenni che precedono Dante Alighieri e ne seguono l’esempio, mentre emergono nuovi interessi scientifici, come per la medicina, per la matematica, per la fisica.
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DAL RINASCIMENTO MEDIEVALE ALLA MODERNITA’ IN CRISI
Nel secolo XII, dopo circa mezzo millennio, rinascono e si consolidano linee guida di origine romana, essenziali per l’attività pratica dei giuristi di nuova formazione. Si costruiscono forme, figurae (categorie), che si consolidano nel tempo per l’impegno e l’autorità di grandi personaggi che per secoli si impegnano a mettere in evidenza l’essenziale distinzione e congiunzione fra lo ius e la lex. La scientia iuris è elaborata scientificamente nelle scuole che si moltiplicano rapidamente in gran parte d’Europa, la lex è gestita e promulgata nelle comunità locali. Lo ius, diritto comune europeo (ius commune), si riversa nella lex (ius proprium) e la struttura stabilmente. Con varianti, più o meno significative e durature, il quadro generale non cambia fino al sec. XIX. Poi lentamente decade, in una modernità che predilige la legislazione (la lex) e tende a dimenticare la scienza giuridica (lo ius).
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