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Zago Nunzio, Schininà Alessandra, Traina Giuseppe,
Angelo Maria Ripellino e altri ulissidi
by: Zago Nunzio, Schininà Alessandra, Traina Giuseppe,€14,00
Direttore scientifico della Fondazione Bufalino. È stato professore ordinario di Letteratura italiana all’università di Catania, preside della facoltà di Lingue con sede a Ragusa e presidente della Struttura didattica speciale che ne ha preso il posto. Si è occupato di poesia giocoso-satirica nella Toscana di primo Ottocento, di romanzo italiano del Settecento, di Scapigliatura e Verismo, di moralisti del Cinquecento, di ulissismo intellettuale, di critici fin de siècle come Felice Cameroni e Vittorio Pica, di autori come Francesco d’Assisi, Federico Della Valle, Carlo Gozzi, Domenico Tempio, Leopardi, De Roberto, Luisa Giaconi, Grazia Deledda, Francesco Lanza, Arturo Loria, Ungaretti, Vittorini, Quasimodo, Brancati, Sciascia, Lucio Piccolo, Consolo, Ripellino, ecc.
Insegna Letteratura Tedesca presso la Struttura Didattica Speciale di Lingue e Letterature Straniere di Ragusa - Università di Catania
Professore associato di Letteratura Italiana presso l’Università di Catania, sede di Ragusa (città in cui risiede). Ha studiato diversi autori, opere, generi e temi della letteratura italiana, pubblicando volumi monografici, saggi, edizioni di testi. Il suo libro più recente è Un altro De Roberto. Esperimenti e ghiribizzi di uno scrittore (2018).
A cura di Nunzio Zago – Alessandra Schininà – Giuseppe Traina
Si raccolgono qui gli atti di un convegno su Angelo Maria Ripellino e altri ulissidi, svoltosi presso la Struttura Didattica Speciale di Lingue e letterature straniere di Ragusa (6-7 aprile 2016), che rientra in una più ampia ricerca sull’ulissismo intellettuale dall’Ottocento a oggi finanziata dall’Università degli Studi di Catania (FIR 2014). La scelta di dedicare una particolare riflessione alla figura e all’opera di Ripellino nasce dal fatto che egli, sotto vari riguardi, sperimentò e incarnò esemplarmente la condizione dell’ulisside intesa in modo non restrittivo: come intellettuale siciliano «in fuga», cosmopolita ma anche nostalgico, seppur non acriticamente, delle origini lontane; come grande slavista e raffinato interprete della Mitteleuropa, dei suoi plurimi e accidentati percorsi non solo culturali; come traduttore e come poeta in proprio, che della lingua materna e delle tante altre possedute a dovizia si servì quali tramiti preziosi e avventurosi di conoscenza, dialogo e libertà fantastica.
Interventi di: Rita Giuliani | Nunzio Zago | Umberto Brunetti | Giuseppe Traina | Edoardo Camassa | Alessandra Schininà | Giuseppe Dolei | Beatrice Talamo | Paola Gheri | Arturo Larcati
ISBN: 978-88-6859-130-4
Publisher: Euno Edizioni
Publish Data: 2017
Page Count: 164
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Quando Lucia sposò il Barone Rampante by: Brignoli Laura €15,00
Riscrivere, prolungare, variare, aggiungere, innestare… sono tante le operazioni che si possono compiere per prolungare il piacere che ha saputo dare la lettura di un testo. Si ritrovano tutte in questi dodici racconti che hanno origine da opere famose. Ognuno di questi scrittori è prima di tutto un lettore, avido di continuare, desideroso che il libro che l’ha ammaliato non finisca con l’ultima pagina. Quante volte abbiamo pensato: peccato che sia finito? In questo volumetto chi ha amato Moby Dick, Il Barone rampante, Alla Ricerca del tempo perduto o Bella del Signore e altri ha l’occasione di soddisfare questo desiderio.
Paolo Albani, scrittore, poeta visivo e performer. Membro dell’Oplepo dal 1996. Raffaele Aragona, ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università Federico II di Napoli. È membro fondatore dell’Oplepo (Capri, 1990). Maurizio Corrado, architetto, saggista, romanziere e teatrante. Vive a Bologna e in treno. Daniela Fabrizi, psicologa e copywriter, membro dell’Oplepo dal 2008. Silvia Fontana vive su un’isola e non ha ancora smesso di studiare. Maddalena Mazzocut-Mis, docente di Estetica e di Estetica della musica e dello spettacolo all’Università degli Studi di Milano. Drammaturga affermata, le sue opere sono state rappresentate nei maggiori teatri italiani e in Francia. Paolo Pergola, biologo marino, vivrebbe su un’isola del Mediterraneo se non fosse sempre in viaggio. Membro dell’Oplepo dal 2012. Giancarlo Peris, insegnante di metrica e sportivo (ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Roma, 1960). Aldo Spinelli, artista e inventore di giochi, (primo) membro di Oplepo dal 1990 e corrispondente italiano di Oupeinpo. Stefano Tonietto, ex-poeta cavalleresco (Olimpio da Vetrego, 2010) e letterato potenziale (Letteratura latina inesistente, 2017). Giuseppe Varaldo, medico dermatologo, enigmista e ludolinguista, è membro dell’Oplepo dal 1992.
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I sortilegi della parola by: Zago Nunzio €15,00
A vent’anni dalla sua scomparsa, è il caso di riconoscere a Gesualdo Bufalino narratore, poeta, saggista, traduttore, autore di aforismi ─un posto di assoluto rilievo nel canone letterario, non solo italiano, del Novecento. Il posto che spetta agli scrittori grandi, “necessari”, a coloro che, oltre a inventare un “tono” inconfondibile, a dar voce a possibilità ancora inesplorate e inedite del linguaggio, hanno saputo porsi le domande inderogabili, esprimere i dubbi cruciali dell’esistenza. Lo stesso modo d’essere, disincantato e umbratile, dell’intellettuale Bufalino, più che un limite, appare, oggi, un vantaggio, una specola privilegiata che gli consentì d’attraversare indenne il periodo di forte contrapposizione ideologica del secondo dopoguerra e di presentarsi al pubblico, sia pure tardivamente, al giro di boa degli anni Ottanta, con le carte in regola, privo di certezze vecchie e nuove, per tornare a dire, in un contesto culturale disposto finalmente ad accoglierla, la propria verità ─a lungo tenuta al sicuro sotto la lingua, da moralista acre e “malpensante” qual egli era. Una verità che, nel fare i conti con i veleni del “secolo breve”, con i suoi turbamenti, privilegia la dialettica dell’io con sé stesso rispetto a quella dell’io con la società, percepibile solo sullo sfondo e si affida a una scrittura assai sofisticata, iperletteraria, immaginosa, disposta a sconfinare di continuo in altri ambiti (dalle arti figurative al cinema, dalla musica al gioco degli scacchi…), a impregnarsi di altri umori nel tentativo, grazie ai sortilegi della parola, di “popolare il deserto”, di trasformare la “vista” in “visione” e persino in “visibilio”, attingendo anche alla memoria per ridare una fittizia ma vivida durata a uomini e cose che il tempo ha cancellato e cancella.
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Vittorini a cavallo by: Di Grado Antonio €14,00
Parlare di Elio Vittorini significa anzitutto fare i conti con una prodigiosa attività politico-culturale, con un frenetico alternarsi di progetti, di “furori” più o meno “astratti”, di idee consegnate ad immagini così folgoranti da bruciarsi quasi tutte nel breve periodo, nella fruizione immediata da parte delle élite intellettuali succedutesi nell’arco di quasi quattro decenni della nostra storia. Significa, dunque, fare i conti con questa storia e restituirne uno spaccato il più possibile significativo, ma soprattutto con una rigogliosa vegetazione di metafore, con un tessuto simbolico ordito tra il mondo arcaico e incontaminato delle dee-Madri e gl’interminati spazi della “frontiera”, tra i “nuovi doveri” del dopoguerra e il favoloso firmamento delle “città del mondo”. In appendice un omaggio di Leonardo Sciascia a Vittorini, all’intellettuale libero che scriveva per gli umili e fieri Boccadutri e per dare «una risposta al Giappone di ognuno». Ed è questo, in fin dei conti, il Vittorini che nel cinquantesimo anniversario della scomparsa sarebbe bello consegnare, con tutto il gravoso carico dei suoi “astratti”, implacati e più che mai attuali “furori”, alle giovani generazioni. Un Vittorini “a cavallo”, come il nonno socialista di Conversazione in Sicilia, come la Madonna del Garofano rosso e l’altrettanto battagliera “garibaldina”, come i contadini che nelle Città del mondo s’avviano a occupare le terre. E fieramente a cavallo dei suoi tempi, disposto a soccombere alla loro effimera durata, ma pronto a rimettersi in sella per inseguire e guidare altre fasi, generazioni, aspirazioni. A combattere; forse a vincere, nei tempi che verranno.
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L’indovina o i finti sortilegi by: Corneille Thomas, Donneau de Visé Jean, Ausoni Alberto, €20,00
Cura e traduzione di Alberto Ausoni
Il 19 novembre 1679, supportata da un’abile campagna pubblicitaria, al teatro di rue de Guénégaud va in scena la commedia La Devineresse, ou Les faux Enchantements. Tutta Parigi vi accorre, decretandone un successo e un ammontare d’incassi senza precedenti. La pièce, ideata da Thomas Corneille, fratello dell’illustre Pierre, e dal gazzettiere di Francia Jean Donneau de Visé, richiamava un inquietante soggetto di attualità, alludendo a una realtà di indovine, avvelenatrici e procuratrici di aborti che in quegli stessi anni infestavano Parigi. Tutta la capitale ne era al corrente, poiché la faccenda coinvolgeva le varie classi della società e alte personalità della corte, al punto da diventare un affare di Stato oltremodo seccante per un regno votato all’ordine e alla grandezza. Nel pieno del processo contro la spietata Catherine Monvoisin, nota a tutti come la Voisin e nodo strategico dell’“Affare dei veleni”, sul palcoscenico del teatro di rue Guénégaud si snodano in cinque atti i trucchi ingegnosi e gli espedienti magici messi in opera da una fattucchiera di nome Jobin, con la complicità di domestiche e assistenti, al fine di raggirare e soddisfare le più singolari richieste di una clientela di poveri diavoli e di esponenti del bel mondo parigino. Un ventaglio di comiche situazioni, tanto più che la scaltra Jobin è affidata alle doti attoriali di La Grange, in un ruolo en travesti. Se la clientela che sfila dall’indovina rispecchia, nei toni di una parodia, quello sciame di marchese, cavalieri e contesse che si recavano in incognito nelle sordide stanze della Voisin, non vi è traccia, tuttavia, di quell’atmosfera d’inquietudine che emerge dai lunghi interrogatori a cui quest’ultima quasi quotidianamente veniva sottoposta, con l’accusa di avvelenamenti, infanticidi ed esecrabili messe nere. I due autori, schivando ogni riferimento troppo esplicito alla “congiura dei veleni” e alle sue ripercussioni politiche, adottano gli ingranaggi di una pièce à machines e le comiche soluzioni di un divertissement per demistificare le arti chiromantiche e dissolvere il velo dell’ignoranza e la pubblica credulità. Giochi di specchi, ingegnosi trucchi e apparizioni di spazi illusori, spacciati come frutto di un sapere sovrannaturale, erano stati accuratamente studiati per trasformare in spettacolo vicende di assai più allarmante attualità. Divertito, il pubblico poté assistere a un lucroso mercato d’ingannevoli illusioni, e nell’accelerato happy end alla demistificazione di quel mondo di apparenze che è l’essenza stessa del teatro.
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La parola, il potere, la reclusione, la beffa by: Traina Giuseppe €13,00
Il volume contiene quattro studi dedicati ad autori diversi nel tempo (vissuti fra il Due e il Cinquecento) ma non nella provenienza (sono tutti di origine fiorentina), a generi letterari diversi, a codici comunicativi diversi; ma le opere studiate hanno in comune un’analisi raffinata dei meccanismi che regolano i rapporti di potere tra gli individui. Tali rapporti sono analizzati sia nell’ambito del microcosmo familiare (tanto in un capolavoro conclamato, come il Decameron, quanto in un’opera apparentemente “minore”, come l’Aridosia) sia nell’ambito delle relazioni interpersonali in genere: che si tratti del rapporto tra l’Ulisse dantesco e i suoi marinai nel celeberrimo canto XXVI dell’Inferno o che si tratti del rapporto assai ambivalente che s’instaura tra beffatore e beffato in un testo splendido come La novella del Grasso legnaiuolo. Le varie forme del controllo, della persecuzione, della restrizione della libertà hanno dato luogo a forme di ribellione o resilienza che l’autore ha studiato fondandosi sulla interrogation du texte, convinto com’è che soltanto ascoltando le domande che il testo pone si possano trovare risposte adeguate: che, peraltro, vivono già nel testo e che l’interprete è chiamato soltanto a riportare, con pazienza, in superficie.
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