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Zago Nunzio
Aspetti dell’ulissismo intellettuale dall’Ottocento a oggi
by: Zago Nunzio€16,00
Direttore scientifico della Fondazione Bufalino. È stato professore ordinario di Letteratura italiana all’università di Catania, preside della facoltà di Lingue con sede a Ragusa e presidente della Struttura didattica speciale che ne ha preso il posto. Si è occupato di poesia giocoso-satirica nella Toscana di primo Ottocento, di romanzo italiano del Settecento, di Scapigliatura e Verismo, di moralisti del Cinquecento, di ulissismo intellettuale, di critici fin de siècle come Felice Cameroni e Vittorio Pica, di autori come Francesco d’Assisi, Federico Della Valle, Carlo Gozzi, Domenico Tempio, Leopardi, De Roberto, Luisa Giaconi, Grazia Deledda, Francesco Lanza, Arturo Loria, Ungaretti, Vittorini, Quasimodo, Brancati, Sciascia, Lucio Piccolo, Consolo, Ripellino, ecc.
A cura di Nunzio Zago
Il presente volume si occupa, senza pretese di completezza ma in plurimi ambiti disciplinari (italianistica, francesistica, anglistica, germanistica), della funzione conoscitiva dell’ulissismo intellettuale dall’Ottocento a oggi. Si tratta di uno sguardo non corrivo sul mondo: sghembo, demistificante, un po’ da esule, un po’ da chierico vagante, a contatto con lingue e culture diverse anche se costretto, talvolta, nel perimetro di una stanza. Uno sguardo sempre animato da curiosità e irrequietezza, da una disposizione, magari solo immaginaria, alla “fuga”, a evadere da confini troppo angusti. Quella, insomma, del letterato più autentico.
Interventi di: Nunzio Zago | Andrea Manganaro | Antonio Sichera | Fernando Gioviale | Giuseppe Traina | Nicholas Brownlees | Massimo Sturiale | Michael O’Neill | Eleonora Sasso | Fabrizio Impellizzeri | Nella Arambasin | Marilia Marchetti | Alessandra Schininà | Gabriele C. Pfeiffer |
ISBN: 978-88-3334-019-7
Publisher: Siké Edizioni
Publish Data: 2018
Page Count: 236
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La parola, il potere, la reclusione, la beffa by: Traina Giuseppe €13,00
Il volume contiene quattro studi dedicati ad autori diversi nel tempo (vissuti fra il Due e il Cinquecento) ma non nella provenienza (sono tutti di origine fiorentina), a generi letterari diversi, a codici comunicativi diversi; ma le opere studiate hanno in comune un’analisi raffinata dei meccanismi che regolano i rapporti di potere tra gli individui. Tali rapporti sono analizzati sia nell’ambito del microcosmo familiare (tanto in un capolavoro conclamato, come il Decameron, quanto in un’opera apparentemente “minore”, come l’Aridosia) sia nell’ambito delle relazioni interpersonali in genere: che si tratti del rapporto tra l’Ulisse dantesco e i suoi marinai nel celeberrimo canto XXVI dell’Inferno o che si tratti del rapporto assai ambivalente che s’instaura tra beffatore e beffato in un testo splendido come La novella del Grasso legnaiuolo. Le varie forme del controllo, della persecuzione, della restrizione della libertà hanno dato luogo a forme di ribellione o resilienza che l’autore ha studiato fondandosi sulla interrogation du texte, convinto com’è che soltanto ascoltando le domande che il testo pone si possano trovare risposte adeguate: che, peraltro, vivono già nel testo e che l’interprete è chiamato soltanto a riportare, con pazienza, in superficie.
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Quando Lucia sposò il Barone Rampante by: Brignoli Laura €15,00
Riscrivere, prolungare, variare, aggiungere, innestare… sono tante le operazioni che si possono compiere per prolungare il piacere che ha saputo dare la lettura di un testo. Si ritrovano tutte in questi dodici racconti che hanno origine da opere famose. Ognuno di questi scrittori è prima di tutto un lettore, avido di continuare, desideroso che il libro che l’ha ammaliato non finisca con l’ultima pagina. Quante volte abbiamo pensato: peccato che sia finito? In questo volumetto chi ha amato Moby Dick, Il Barone rampante, Alla Ricerca del tempo perduto o Bella del Signore e altri ha l’occasione di soddisfare questo desiderio.
Paolo Albani, scrittore, poeta visivo e performer. Membro dell’Oplepo dal 1996. Raffaele Aragona, ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università Federico II di Napoli. È membro fondatore dell’Oplepo (Capri, 1990). Maurizio Corrado, architetto, saggista, romanziere e teatrante. Vive a Bologna e in treno. Daniela Fabrizi, psicologa e copywriter, membro dell’Oplepo dal 2008. Silvia Fontana vive su un’isola e non ha ancora smesso di studiare. Maddalena Mazzocut-Mis, docente di Estetica e di Estetica della musica e dello spettacolo all’Università degli Studi di Milano. Drammaturga affermata, le sue opere sono state rappresentate nei maggiori teatri italiani e in Francia. Paolo Pergola, biologo marino, vivrebbe su un’isola del Mediterraneo se non fosse sempre in viaggio. Membro dell’Oplepo dal 2012. Giancarlo Peris, insegnante di metrica e sportivo (ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Roma, 1960). Aldo Spinelli, artista e inventore di giochi, (primo) membro di Oplepo dal 1990 e corrispondente italiano di Oupeinpo. Stefano Tonietto, ex-poeta cavalleresco (Olimpio da Vetrego, 2010) e letterato potenziale (Letteratura latina inesistente, 2017). Giuseppe Varaldo, medico dermatologo, enigmista e ludolinguista, è membro dell’Oplepo dal 1992.
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L’indovina o i finti sortilegi by: Corneille Thomas, Donneau de Visé Jean, Ausoni Alberto, €20,00
Cura e traduzione di Alberto Ausoni
Il 19 novembre 1679, supportata da un’abile campagna pubblicitaria, al teatro di rue de Guénégaud va in scena la commedia La Devineresse, ou Les faux Enchantements. Tutta Parigi vi accorre, decretandone un successo e un ammontare d’incassi senza precedenti. La pièce, ideata da Thomas Corneille, fratello dell’illustre Pierre, e dal gazzettiere di Francia Jean Donneau de Visé, richiamava un inquietante soggetto di attualità, alludendo a una realtà di indovine, avvelenatrici e procuratrici di aborti che in quegli stessi anni infestavano Parigi. Tutta la capitale ne era al corrente, poiché la faccenda coinvolgeva le varie classi della società e alte personalità della corte, al punto da diventare un affare di Stato oltremodo seccante per un regno votato all’ordine e alla grandezza. Nel pieno del processo contro la spietata Catherine Monvoisin, nota a tutti come la Voisin e nodo strategico dell’“Affare dei veleni”, sul palcoscenico del teatro di rue Guénégaud si snodano in cinque atti i trucchi ingegnosi e gli espedienti magici messi in opera da una fattucchiera di nome Jobin, con la complicità di domestiche e assistenti, al fine di raggirare e soddisfare le più singolari richieste di una clientela di poveri diavoli e di esponenti del bel mondo parigino. Un ventaglio di comiche situazioni, tanto più che la scaltra Jobin è affidata alle doti attoriali di La Grange, in un ruolo en travesti. Se la clientela che sfila dall’indovina rispecchia, nei toni di una parodia, quello sciame di marchese, cavalieri e contesse che si recavano in incognito nelle sordide stanze della Voisin, non vi è traccia, tuttavia, di quell’atmosfera d’inquietudine che emerge dai lunghi interrogatori a cui quest’ultima quasi quotidianamente veniva sottoposta, con l’accusa di avvelenamenti, infanticidi ed esecrabili messe nere. I due autori, schivando ogni riferimento troppo esplicito alla “congiura dei veleni” e alle sue ripercussioni politiche, adottano gli ingranaggi di una pièce à machines e le comiche soluzioni di un divertissement per demistificare le arti chiromantiche e dissolvere il velo dell’ignoranza e la pubblica credulità. Giochi di specchi, ingegnosi trucchi e apparizioni di spazi illusori, spacciati come frutto di un sapere sovrannaturale, erano stati accuratamente studiati per trasformare in spettacolo vicende di assai più allarmante attualità. Divertito, il pubblico poté assistere a un lucroso mercato d’ingannevoli illusioni, e nell’accelerato happy end alla demistificazione di quel mondo di apparenze che è l’essenza stessa del teatro.
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Gesualdo Bufalino e la tradizione dell’Elzeviro by: Zago Nunzio €14,00
Si dice elzevirismo e subito si pensa al prezioso laboratorio formale di matrice rondesca, allo scintillante calligrafismo di un Antonio Baldini, di un Bruno Barilli, di un Emilio Cecchi. La tradizione dell’elzeviro non si lascia rinchiudere, però, nel perimetro esclusivo della “prosa d’arte” degli anni Venti e Trenta: bastino nomi come Benedetto Croce, Arrigo Cajumi, Rosario Assunto, Giorgio Manganelli, Italo Calvino – giusta la minima, embrionale mappa abbozzata dal Convegno di cui in questo volume si pubblicano gli Atti – per rendersi conto della funzione educativa (laica, umanistica…) svolta a lungo, prima e dopo, dalla migliore intellettualità italiana attraverso la “terza pagina” dei giornali, quasi una libera cattedra di civiltà. Rispetto alla linea elzeviristica più propriamente legata alla “prosa d’arte”, del resto, al di là dei pregiudizi che, da Borgese a Moravia alla critica engagée del secondo dopoguerra, ne hanno accreditato l’immagine d’un “bello scrivere” fine a sé stesso, vacuo e provinciale, magari colluso col fascismo, è lecito un supplemento d’indagine, una qualche revisione. Il caso di Gesualdo Bufalino, appunto, allo scadere del secolo scorso, dimostra retrospettivamente (un po’ come Gadda con l’espressionismo scapigliato nell’interpretazione di Contini) che quella lezione non era così effimera e autoreferenziale quanto s’è voluto credere: attiva nello scrittore siciliano già nelle fasi più remote della sua sofisticata “anagrafe” intellettuale e contaminandosi, via via, con infiniti altri pimenti culturali, essa ha contribuito − nel saggista, nell’autore di aforismi, nel narratore − alla nascita d’uno stile «insieme esuberante e contratto», di un “tono” inconfondibile, fantasioso, ironico, brillantemente iperletterario, inquieto e pensoso.
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Vittorini a cavallo by: Di Grado Antonio €14,00
Parlare di Elio Vittorini significa anzitutto fare i conti con una prodigiosa attività politico-culturale, con un frenetico alternarsi di progetti, di “furori” più o meno “astratti”, di idee consegnate ad immagini così folgoranti da bruciarsi quasi tutte nel breve periodo, nella fruizione immediata da parte delle élite intellettuali succedutesi nell’arco di quasi quattro decenni della nostra storia. Significa, dunque, fare i conti con questa storia e restituirne uno spaccato il più possibile significativo, ma soprattutto con una rigogliosa vegetazione di metafore, con un tessuto simbolico ordito tra il mondo arcaico e incontaminato delle dee-Madri e gl’interminati spazi della “frontiera”, tra i “nuovi doveri” del dopoguerra e il favoloso firmamento delle “città del mondo”. In appendice un omaggio di Leonardo Sciascia a Vittorini, all’intellettuale libero che scriveva per gli umili e fieri Boccadutri e per dare «una risposta al Giappone di ognuno». Ed è questo, in fin dei conti, il Vittorini che nel cinquantesimo anniversario della scomparsa sarebbe bello consegnare, con tutto il gravoso carico dei suoi “astratti”, implacati e più che mai attuali “furori”, alle giovani generazioni. Un Vittorini “a cavallo”, come il nonno socialista di Conversazione in Sicilia, come la Madonna del Garofano rosso e l’altrettanto battagliera “garibaldina”, come i contadini che nelle Città del mondo s’avviano a occupare le terre. E fieramente a cavallo dei suoi tempi, disposto a soccombere alla loro effimera durata, ma pronto a rimettersi in sella per inseguire e guidare altre fasi, generazioni, aspirazioni. A combattere; forse a vincere, nei tempi che verranno.
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